Sabato 18 giugno, abbiamo vissuto un’altra serata di emozioni ad alta quota: grandi montagne, esplorazioni, amicizie, come quella nata con Walter Bonatti e raccontata nel film, proiettato durante la serata, “Fratelli si diventa. Omaggio a Walter Bonatti, l’uomo del Monte Bianco”.
Un film documentario di Alessandro Filippini e Fredo Valla, prodotto da StudioEffe, nato per onorare la memoria di Walter Bonatti, scomparso il 13 settembre 2011.
Una pellicola che raccoglie le riprese degli incontri fra Bonatti e Messner, compreso un inedito e un intenso faccia a faccia a casa del grande Walter, e le immagini della visita che Bonatti e Messner fecero a Riccardo Cassin, in occasione dei suoi 100 anni.
Nel film documentario, la storia di 50 anni di alpinismo, dagli anni ‘30 delle grandi scalate di Cassin, agli anni ‘70 e ‘80 degli Ottomila di Messner, passando per gli anni ‘50 e ‘60 in cui Bonatti dominò ogni genere di scalata.
Dalla pellicola emergono dialoghi intensi, profondi, emozionanti come quelli che in apertura della serata si sono scambiati sul palco Reinhold Messner, Sandro Filippini, giornalista e scrittore, con la magistrale conduzione di Luca Calvi.
Una narrazione intensa quella di Messner, fine comunicatore, che ti cattura e ti porta in un viaggio fatto di racconti di alpinismo ed esplorazione, del senso dell’andare in montagna – ognuno trova il suo, secondo Messner -, e della ricerca di una dimensione umana tra le cime.
“Più sono andato in montagna, più successi ho potuto accumulare, più piccolo mi sono sentito davanti alle montagne.”
Ecco la grandezza di Reinhold Messner, che si esprime nel suo immenso rispetto per la montagna.
La proiezione del film “Fratelli si diventa. Omaggio a Walter Bonatti, l’uomo del Monte Bianco”, al calar della sera sul piazzale del negozio di Sirtori, è un omaggio a Bonatti che Messner incontrò per la prima volta nell’agosto del 2004. In quella occasione, coloro che sarebbero divenuti i primi due Piolet d’Or alla Carriera confrontarono la loro visione dell’alpinismo e dell’avventura, scoprendo appunto che “fratelli si diventa”.
“Il significato più forte che emerge dal film è il significato dell’alpinismo tradizionale – racconta Alessandro Filippini. È dal dialogo intenso, che si svolge nella seconda parte del film, tra Messner e Bonatti che si incontrarono nel 2008 a Dubino, dopo quattro anni dal primo incontro. Da qui la differenza tra andare in montagna e fare alpinismo e penso che escano tutte le emozioni.”
Nel racconto dei suoi ricordi, Messner sottolinea come l’alpinismo si sia trasformato negli anni: dai tempi di Cassin, Bonatti, fino al suo periodo per arrivare ad oggi. Il mondo è cambiato, di alpinismo tradizionale, secondo la visione di Messner, oggi si può parlare davvero poco.
“Da giovane ero un arrampicatore, mi sono concentrato sulla roccia, quella delle Dolomiti dove sono nato, con le ripetizioni di vie famose e poi con nuove aperture. Dopo questa prima fase, dal ’70 in poi sono diventato alpinista d’alta quota. Oggi la maggior parte delle persone comprano la salita, camminano su piste aperte dagli sherpa. Prima di me chi andava a fare spedizioni si muoveva in nave, oggi si arriva in elicottero al campo base... è tutto un altro mondo. Dopo aver scalato tutti gli ottomila e tutte le 7 cime più alte dei continenti, ho capito che a quarant’anni si apriva una nuova fase della mia vita. Così sono diventato esploratore dell’orizzontale, ho attraversato l’Antartide, una dimensione ancora completamente diversa. In questa fase mi sono avvicinato alle popolazioni della montagna, ho studiato le montagne sacre, per capire l’atteggiamento delle persone, di chi vive la montagna.”
“Abbiamo tante discipline da praticare in montagna – tutte le attività sono legittime. Oggi l’arrampicata si sta diffondendo sempre di più, è uno sport, una disciplina olimpica, che viene fatta su rocce difficilissime da affrontare, ma è indoor, dove tutto è perfettamente misurabile e ripetibile mentre l’avventura non lo è. Se io voglio fare il mio alpinismo, con le mie regole, vado dove gli altri non ci sono. Per praticare l’alpinismo tradizionale bisogna essere capaci di superare le difficoltà, tralasciare tutti i mezzi che ti aiutano a salire.”
Messner ha sottolineato che chi vuole andare alla ricerca del silenzio, della tranquillità e della lentezza ha ancora a disposizione molti luoghi inesplorati e selvaggi, cime da scoprire per chi vuol fare quell’alpinismo a lui tanto caro, quello tradizionale.
“L’alpinismo è l’arte di sopravvivere in un mondo selvaggio”
ricorda Messner. Il suo desiderio per le future generazioni è che non perdano la cognizione di che cosa è l’alpinismo tradizionale, che ne abbiano la consapevolezza e che ognuno si impegni a mantenere i luoghi selvaggi, a tutelare la wilderness, a vivere la montagna, senza affidarsi troppo alla tecnologia e alla narrazione in tempo reale, dettata dai social, che fa perdere la capacità di vivere in pieno le emozioni del momento.
Solo così si possono vivere esperienze profonde e creare una forte connessione tra uomo e natura.
La serata è stata dedicata al ricordo di Claudio Ghezzi, conosciuto come il “Re della Grigna”, scomparso domenica 12 giugno proprio sulla “sua” montagna, salita quasi 6000 volte. A sua nipote, Sergio Longoni, con la voce incrinata dall’emozione, ha voluto donare la piccozza d’oro, segno di stima e nel ricordo dell’amicizia che li ha legati per lungo tempo.
Piccozze dorate anche per tre “giovanotti” che hanno fatto la storia dell’alpinismo lecchese, nati all’inizio degli anni ’30: Costantino “Tino” Albani, classe 1930, coetaneo di Walter Bonatti e Carlo Mauri, coi quali ha fatto cordata; Pierluigi “Luigino” Airoldi, classe 1931, unico superstite della leggendaria e vittoriosa spedizione sullo Sperone Sud del McKinley in Alaska del 1961, guidata da Riccardo Cassin; e infine Aldo “Dino” Piazza, classe 1932, che ha realizzato sulle alpi importanti ripetizioni. Ne citiamo una per tutte, la più sensazionale, compiuta come prima assoluta nel 1956 lungo il Pilastro Sudovest del Petit Dru sul Monte Bianco, via Bonatti, con 3 bivacchi in salita e 1 durante la discesa, in cordata con Carlo Mauri, Cesare Giudici e Giorgio Redaelli. La serata si è conclusa con il classico momento conviviale del buffet, tipico delle serate DF Sport Specialist, e una lunga, paziente fila di appassionati in attesa di un selfie o di un autografo con Messner.