Riviviamo l'incontro con Reinhold Messner di sabato 18 giugno attraverso le sue parole. Un incontro avvincente, a tratti emozionante, che ci porta nel mondo dell'arrampicata grazie alle parole di uno dei più importanti e famosi sportivi del settore.
Intervista a Reinhold Messner, dall'incontro con Bonatti alle sfide personali
I primi minuti dedicati all'amico Bonatti, giunto al successo con le sue sole forze, fino alla prima meritata spedizione sul K2. Ma dopo tutto, come Messner spiega, le vie più difficili non sono mai state un limite per lui. Un po' il contrario di lui, che da giovane arrampicatore nato tra le Dolomiti, si dedicava invece alle rocce. E così ha compiuto 60 spedizioni in 15 anni. Un traguardo eccezionale, considerando che - come ci spiega - la generazione prima non poteva, perché i tempi erano più lunghi (basti pensare anche solo ai viaggi in nave per raggiungere le mete lontane). Ora è ancora più semplice perché si tralasciano delle parti con l'elicottero.
"Io vengo da un popolo di montagna e più tardi, studiandole, ho imparato a capire l'atteggiamento della poplazione locale verso le loro montagne. Poi, ho fatto scuola-museo sulla montagna, in cnetro a Bolzano. Tutto quello che ho messo in piedi l'ho fatto per capire come funziona la montagna. Io vado avanti a fare, a creare e a realizzare questo. Sto creando un museo dedicato alla gente locale per raccontare a chi passa, soprattutto agli alpinisti, tutta la loro storia. L'alpinismo è un fatto culturale, non sportivo e permette di capire che cosa succede in noi mentre la montagna è là. Spero di lasciare tutto questo alle nuove generazioni".
L'evoluzione dell'arrampicata al giorno d'oggi
L'alpinismo tradizionale sta infatti sparendo, la roccia attira sempre meno. "Oggi vanno tutti in palestra a praticare l'arrampicata. In questo senso ha molto successo, ma si perde il senso della connessione con la roccia e la montagna". L'arrampicata aumenta ma coloro che escono per l'esplorazione sono pochi, al massimo sulle piccole pareti. Messner però ricorda: "Lo sport è misurabile, l'avventura non lo è".
Nel prosieguo della conferenza stampa, l'alpinista ci spiega che continua a studiare le arrampicate e l'alta quota. Al giorno d'oggi, per scalare l'Hymalaya si vendono pacchetti di arrampicate, che gli interessati possono comprare solitamente la pista battuta la quale si comincia a percorrere da un campo base. Un modo tutto nuovo di vivere la montagna portato dagli Sherpa, un popolo in migrazione dall'est del Tibet sulla parte Nord dell'Hymalaya, radunati in questa zona raccolta ai piedi del monte che hanno riorganizzato il modo di fare spedizioni fino alla vetta. "Questo modo di vivere la montagna è turismo. Ormai esiste un'infrastruttura, mentre l'alpinismo è l'arte di sopravvivere in un mondo selvatico. L'alpinismo è emozione. Avendo la possibilità di avvicinarci alla morte, abbiamo una visione in più." conclude Messner.
A metà intervento si introduce Sando Filippini della Gazzetta dello Sport, esperto di alpinismo e coautore del film in visione durante la serata, che spiega un valore interessante. Il film infatti vuole essere una celebrazione della consapevolezza del significato dell'alpinismo tradizionale. Questo emerge da un dialogo presente nella pellicola dopo quattro anni dal primo incontro, tra Messner e Bonatti, dove parlano della differenza tra fare un'attività bellissima come la montagna e l'esporsi con l'alpinismo tradizionale, ben lontano da quello di oggi aiutato dalla tecnologia moderna. Un film fatto di incontri emozionanti: "Ho sempre seguito le imprese di Bonatti e ho sempre avuto un gran rispetto per lui. Anche se per molti anni non ci siamo avvicinati, per motivi per lo più esterni... Bonatti non manca mai!"
Il racconto dell'alpinismo
"L'alpinismo inizia con l'illuminismo e con l'inizio dell'industrializzazione. C'è una grandissima letteratura sul settore e libri di alta qualità. Forse nessun'altra disciplina ha così tante informazioni reperibili. Nelle scritture c'è però poco spazio alle emozioni. Sono i racconti che lasciano spazio all'avventura. Questo è ciò che va lasciato alle nuove generazioni". Messner spiega verso la fine l'importanza che dà al senso dell'arrampicata e al valore che attribuisce alla vita. L'alpinismo non è eroismo, e include anche la paura, anche se per anni non si è mai potuto fare questo accostamento.
Infine, da non trascurare, emerge un aspetto fondamentale degli ultimi anni, dato dalla multimedialità e dei social media, che ci viene spiegato da Filippini, in qualità di comunicatore veterano: "Spesso l'annuncio della grande impresa scaccia la vera impresa, realizzata in silenzio. L'annuncio viene sempre inseguito mentre qualcun altro effettivamente fa l'impresa". E Messner ne è la dimostrazione.